15/03/1981 - 251 - Salmo 53 Ritiro Quaresima Adulti

15/03/1981

251. Salmo 53

Ritiro1, 15 marzo 1981

È un’accorata supplica. La nostra impotenza di fronte alla moltitudine delle tentazioni, delle prove, degli ostacoli.

Noi lo sappiamo: siamo estremamente deboli. Dove possiamo trovare il sostegno se non in Dio? “Salvami […] rendimi giustizia”2, “porgi l’orecchio”3. Quando parliamo di redenzione, quando diciamo di Gesù «è il salvatore», «è il redentore», diciamo che Dio ci ha ascoltato nel nostro gemito e ci ha dato in Gesù la salvezza. La strada è allora proprio quella di stare uniti a Gesù.

Lasciare la preghiera è lasciare il mezzo di unione; lasciarla è esporci al rinnegamento di Lui e anche al tradimento. La sicurezza è restare in una continua preghiera. E noi, per scusarci, troviamo sempre dei pretesti.

Due sono soprattutto.

Il primo è che non abbiamo tempo. Ma pregare non è prima di tutto una occupazione che si aggiunge alle altre, un carico di più, uno sforzo che si aggiunge a tutti gli sforzi della nostra giornata. Quando si è sfiniti, perché voler aggiungere un altro peso e non piuttosto svagarsi un po’ tranquillamente? Bisogna che comprendiamo che cosa vuol dire la preghiera-offerta, e la preghiera accettazione. Chi ha maggiormente da fare ha anche maggiormente da offrire. Chi ha molto da fare ha anche molto da accettare, perché sono molte le cose contrarie ed è molto quello che dobbiamo soffrire per le contraddizioni che non mancano.

La preghiera di offerta, l’Offertorio, comincia nella Messa e si prolunga nella giornata. Dobbiamo ben impararla. Sia che lavoriamo o ci prendiamo il riposo, abbiamo sempre questa capacità di offerta. E ciò che è offerto a Dio è sacro. Nulla è indegno di Lui. Non la biro dell’impiegato, non il ferro da stiro della casalinga. Tutto può essere offerto in odorem suavitatis4. Tutto vale e così la mia preghiera penetra nel mio lavoro e nel mio riposo e lo rende prezioso agli occhi di Dio e di bene per tutta la Chiesa. Rendere la vita una continua oblazione di amore, un profumo che si diffonde.

Troppo spesso riteniamo che solo determinati gesti o parole siano preghiera e possano essere presentati a Dio. Quelli sono sacri e basta.

Invece tutto è sacro quello che facciamo per fare la sua volontà e compiere il nostro dovere. Quello che facciamo di antipatico e di pesante; quello che facciamo per questa nostra società di uomini; quello che facciamo con sacrificio e sembra andare perduto, messo come in un sacco senza fondo. Quello che facciamo per degli alunni distratti e svagati; quello che facciamo per un pubblico anonimo ed esigente; quello anche che facciamo per i figli, che sembrano non comprendere il sacrificio che ci costa tanto e a loro sembra una cosa naturale, che potrebbe essere migliore. La nostra povera vita che in certi momenti ci sembra tanto inutile e quasi posta nell’assurdo. Tutto questo noi possiamo offrire ed è vera preghiera. Ed è vera gloria al Suo Nome.

La nostra vita sembra perdersi nel vuoto e nell’oscuro, sembra disperdersi in una moltitudine di rivoli, di cose banali e monotone.

Quale può essere il centro vivificatore, che dà un senso e un perché a tutto, se non la volontà di Dio, se non acconsentire a questa volontà con la preghiera di offerta? L’amore trasfigura tutto e per un amore grande nessuna cosa è piccola.

Siamo stranamente gelosi. Vogliamo le cose che ci pare e le vogliamo per noi. Abbiamo un concetto sbagliato della nostra autonomia. Volendole per noi siamo sempre nel vuoto (non ci riempiono certamente), e nell’amarezza (perché non riescono mai secondo la nostra volontà), e rimaniamo in dispetto.

Imparare l’amore vero. Non ho cominciato per te, nemmeno finirò per te.

“Non posso pregare sempre, non so che cosa dire…”. Ma pregare è dire, fare un discorso? Non è la frase, né un bel concetto che onora Dio. È un accogliere Dio, è un aspettarlo.

Accogliere da Gesù Redentore, perché tutto viene per mezzo di Lui: “Nessuno viene al Padre se non per me”5. Aspettarlo come la guarigione dei mali, come il ristoro, come il perdono; uno specchio non si stanca mai di riflettere.

La preghiera deve diventare così intima e così continua. L’unione della nostra volontà con quella di Dio. Allora il pregare non ci stancherà più. È proprio della mia natura riflettere Dio e compiere la sua volontà.

La preghiera termina nel concreto, deve terminare nelle opere e correggere i difetti. Bisogna fare delle risoluzioni umili, certo molto umili. Risoluzioni sublimi ma che muoiono appena formulate, perché sono artificiali e male adattate. Fare dei propositi veri e pochi; farne molti non ci rendono più forti. Un proposito vale meglio di due, altrimenti sono roba da fanciulli che sta sulle nubi.

Il Signore ci insegni la prudenza; essere giusti significa pensare e operare con Dio e come Dio.

I miei giorni, uno dopo l’altro, in alcuni nulla è scritto. Che dirà di queste giornate vuote Dio, che giudica le parole oziose? L’olio della nostra lampada un po’ alla volta si consuma.

“Di tutto cuore ti offrirò un sacrificio6”.

La vita cristiana è una esistenza vittimale. Il sacrificio eucaristico alimenta, stimola e sublima il sacrificio spirituale. Non consiste soltanto in uno sforzo incessante di perfezione, di vita esemplare, di condotta virtuosa, ma è tutta la realtà umana che nel Cristo è presa dallo Spirito e raggiunge una dimensione nuova; essa costituisce un sacrificio spirituale.

Consiste nel vivere la vita di ogni giorno in una perseverante fedeltà allo Spirito che è in noi: perché lo Spirito è nostra vita, lo Spirito regoli le nostre azioni.

Inizia con il Battesimo. Ogni giorno bisogna offrirsi e non comparire a mani vuote. Sottomettere la carne allo spirito. La preghiera, il martirio, la verginità, le disgrazie dei propri cari. In obbedienza al precetto biblico, che prescrive di salare ogni vittima, l’offerta del cristiano sarà salata: fede, umiltà, pazienza.

La Messa è il sacrificio del Capo unito alle membra animate dalla sua stessa volontà di immolazione. “Voi sarete per me è un regno di sacerdoti, una nazione santa”7. Tutti sono offerenti, tutti sono offerti. La Messa è il sacrificio della Chiesa, perché l’Eucarestia è affidata alle sue mani, perché è lei che offre Cristo, perché in Cristo offre se stessa, pone sull’altare come segno della personale offerta di tutti i fedeli che partecipano. Tutti sono impegnati nel sacrificio di se stessi. Tutti corredentori.

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    Umberto Roversi

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