144 - Gesu rivelatore del Padre - Cardinal Congar

144. Gesù rivelatore del Padre

1. Gesù ci ha fatto conoscere Dio. Gesù Maestro che ha la dottrina di Colui che lo ha mandato (Gv 7,15,16).

Da lungo tempo Dio parlava, ma non si potrebbe sentire Lui, proprio Lui? (cfr Es 33,18). Tutto lo svolgimento del Disegno di Dio mirava a questa perfezione.

La caratteristica del Nuovo Testamento sta nel passaggio dei semplici doni di Dio, al dono dello stesso Dio. Ego qui loquebar: Ecce adsum1 (Is 52,6; cfr Eb 1,1-2). Gesù ci svela Dio nelle parole e in ciò che ha fatto.

L’Incarnazione è essenzialmente un fatto, il fatto più decisivo della Storia della Salvezza. L’Incarnazione trova il suo significato nella costituzione dell’uomo nuovo inserendoci in Cristo.

L’Incarnazione è legata al mondo a cui restituisce il suo significato ed è in rapporto con tutta l’opera redentrice di Cristo. San Paolo non vede la venuta nella carne del Signore che in una prospettiva pasquale: sacrificio (Fil 2,7-8), resurrezione (Rm 1,3-4) e gloria (Fil 2,7-11), redenzione (Gal 2,4-5).

La cosa più sorprendente non è che Gesù Cristo sia Dio, ma che Dio sia Gesù Cristo. C’è qualcosa che gli permette di esserlo; non solo la sua onnipotenza, la sua libertà, ma qualche cosa che lo ha portato a discendere tanto in basso e a farsi uomo.

La scala di Giacobbe (Gen 28,10 sq.). Il luogo in cui tocca terra e in cui si opera un perpetuo scambio. Gesù si applica il versetto (Gv 1,51) per designare il suo corpo il luogo, il solo, in cui Dio tocca terra.

Visione di Isaia (6, 1-5). Vedendo il Signore, vide la gloria di Cristo (Gv 12,41); infatti la gloria di Dio abita dopo l’Incarnazione e la Pasqua nel corpo di Cristo.

Il Dio vivente si designa: Egli è, Egli era, Egli viene (Ap 1,4. 8; 4-1; 11,17; 16,5). Egli non è soltanto, Aseità; Egli non era soltanto, Eternità; Egli viene.

Il “Dio per noi”2 è Gesù in cui la pienezza della Divinità abita corporalmente (Col 2,9). Natale presuppone tutto il mistero pasquale dall’agonia alla Pentecoste, alla glorificazione finale. L’Assoluto non è soltanto per sé e in sé, ma è Amore-Dono, cioè Agape (1Gv 4,8. 16).

Non esiste Assoluto che non sia nello stesso tempo Amore. Non esiste Grande-Dio che non sia Dio-buono, chino verso di noi e per noi. Non esiste Aseità che non porti in sé non soltanto la possibilità ma la tendenza ad essere. L’Assoluto è generosità. È nella venuta di Gesù che conosciamo questo Ens3 a sé: è Caritas fino a questo punto.

Il mondo moderno porta in sé un equivoco tragico, una separazione tra l’Assoluto e l’Amore. L’Amore si è umanizzato, profanato, naturalizzato, un umanesimo senza Dio e senza l’Incarnazione. Un’humanitas puramente umana. Separazione di ciò che Dio ha unito. Non vogliono Dio perché non lo abbiamo presentato come è, come ce lo ha fatto conoscere Gesù, un Dio senza filantropia, una teologia che non esigeva immediatamente un’antropologia, un primo comandamento che poteva sussistere senza il secondo.

(Congar, Le vie4, p. 73 sq.)

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