Quaderno 35 - Il Mistero Pasquale 1978

QUADERNO 35

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Ritiro al Cenacolo e alla 3° Media

13 luglio 1978

1 Meditazione. Dio è amore e perciò Dio è gioia e ci vuole associare alla sua gioia. La tentazione della falsa gioia. La bugia del peccato. 2 Meditazione. Le false gioie delle tendenze disordinate. I sette vizi capitali: come si presentano le tentazioni. Il difetto predominante e come combatterlo.

1 All’inizio di questo Quaderno don Pietro inserisce il seguente indice: 1) Il Mistero Pasquale 2) Il Mistero Pasquale e la Chiesa 3) Il Mistero Pasquale e la Parola 4) Il Mistero Pasquale e la Liturgia 5) Il Mistero Pasquale e la conversione 6) Il Mistero Pasquale e la vita cristiana 7) Il Mistero Pasquale e la preghiera 8) Il Mistero Pasquale e l’Eucarestia 9) Il Mistero Pasquale e i Sacramenti 10) Il Mistero Pasquale e la maturità 11) Il Mistero Pasquale e la Madonna (Lourdes) 12) Il Mistero Pasquale e la Sindone 13) La Spiritualità della Croce 14) Il Mistero Pasquale. e la direzione spirituale 15) Come meditare la Passione 16) La Croce e la Messa 17) Il Mistero Pasquale e le virtù 18) La via Crucis

Mistero Pasquale

1. Noi siamo dei salvati. Dio ci ha voluto salvi. Storia della salvezza. L’ha compiuta “specialmente attraverso il Cristo Signore […] mistero pasquale della Sua beata Passione, Resurrezione da morte, e gloriosa Ascensione, mistero col quale morendo ha distrutto la nostra morte e risorgendo ci ha ridonato la vita. Infatti dal costato di Cristo morente sulla Croce è scaturito il mirabile sacramento di tutta la Chiesa” (Sacrosanctum Concilium 52). Dio ci salva allora nel Cristo che muore e risorge. La Pasqua del Cristo che muore e risorge è l’evento centrale della storia. La Pasqua è la salvezza universale, totale e definitiva. Perciò il mistero pasquale è il vero nucleo centrale del kerigma e della catechesi.

2. Preparazione della salvezza nell’Antico Testamento. “Questa opera della redenzione umana e della perfetta glorificazione di Dio ha il suo preludio nelle mirabili gesta divine operate nel popolo dell’Antico Testamento” (Sacrosanctum Concilium, 5). «Magnalia3». In Cristo si sono compiute le promesse di Dio (Cfr At 2,16; 3,18-24). Le opere già compiute per salvare il suo popolo. Specialmente nelle «mirabilia4» dell’Esodo. Il mistero pasquale fu preparato nella Pasqua di Mosè che fu la grande liberazione del popolo di Dio che sta alla base della sua storia, che è il primo di una serie di interventi sempre più straordinari, che è il tipo di tutte le future liberazioni. È un articolo fondamentale della fede: “Dio ci fece uscire dall’Egitto con mano forte, con braccio esteso, con terrore grande, con segni e con prodigi” (Dt 26,85). È una manifestazione di forza che preludia la potenza e la gloria, la vittoria di Cristo risorto. Cfr At 2,22. “E incominciando da Mosè e percorrendo tutti i profeti, interpretò ad essi in tutte le Scritture tutto ciò che lo riguardava”6 (Lc 24,25-27). Mostrò loro le grandi articolazioni della storia e della dottrina e della dottrina dei profeti.

2 Cfr Sacrosanctum Concilium, 5. 3 “Le grandiose opere di Dio”. 4 “Le mirabili opere di Dio”. 5 Cfr Dt 26,8. 6 Cfr Lc 24,27. Il mistero di Cristo era presente nell’Antico Testamento e agiva nei profeti e la sostanza della sua azione consisteva nel preannunciare il suo mistero pasquale (Cfr 1Pt 1,10-11). L’unico che parla esplicitamente della umiliazione e della gloria del futuro Messia è Isaia (52,13-53,12); eppure lo spirito di tutti i profeti è quello di Cristo che prepara la sua Pasqua. San Pietro con il termine «i profeti» intende tutto l’Antico Testamento. “L’economia dell’Antico Testamento era soprattutto ordinata a preparare, ad annunziare profeticamente e a significare con diverse figure (Cfr 1Cor 10,11) l’avvento di Cristo Redentore dell’universo e del Regno messianico” (Dei Verbum 15). Il Cristo Redentore è il Cristo pasquale. I libri dell’Antico Testamento “acquistano e manifestano il loro pieno significato nel Nuovo Testamento” (Dei Verbum, 16). La Pasqua è l’elemento decisivo che chiarisce tutta la preistoria della redenzione, il cui presupposto è la caduta originale e la cui essenza è la speranza della salvezza (Cfr Dei Verbum, 3). Perciò tutte le pagine della Bibbia, dal Genesi all’Apocalisse, descrivono l’unico dramma della Redenzione, nelle sue principali fasi che culminano nella morte e risurrezione di Cristo (Cfr Dei Verbum, 4). Centralità dell’Esodo. “La salvezza della Chiesa è misteriosamente prefigurata nell’Esodo del popolo eletto dalla terra di schiavitù” (Nostra Aetate, 4). Il ciclo dell’Esodo comprende la Pasqua e l’Alleanza. La liturgia stessa collega in una mirabile visione unitaria e globale l’Esodo di Mosè e quello attuale sempre presente nella Chiesa (Cfr Colletta che segue la seconda lezione della Veglia pasquale e colletta del Venerdì dopo Pasqua).

3. La Pasqua di Cristo e il nuovo Esodo centro del Nuovo Testamento. “Come il Cristo fu inviato dal Padre, così anche ha inviato gli apostoli, ripieni di Spirito Santo perché predicando il vangelo a tutti gli uomini annunziassero che il Figlio di Dio con la sua morte e risurrezione ci ha liberati dal potere di Satana e della morte” (Sacrosanctum Concilium, 67). I Vangeli si riassumono nel mistero pasquale (Cfr Dei Verbum, 4). La Pasqua di Cristo segna il vertice dei detti e dei fatti che formano la Rivelazione, e questa è tutta concentrata nella salvezza pasquale, liberazione dal peccato e vita divina. La Pasqua è il centro del kerigma. “Sappia tutto il popolo che questo Gesù che voi avete fatto crocifiggere è stato da Dio costituito Signore e Messia” (At 2,368). La Risurrezione è talmente centrale che talvolta è considerata come l’unico oggetto della testimonianza apostolica nella quale è riassunto tutto il resto (At 1,21-22; 4,33). Senza la quale la fede stessa sarebbe vana (1Cor 15,16-17; 19,32).

7 Cfr Sacrosanctum Concilium, 6. 8 Cfr At 2,36. In base alla quale nasce la Chiesa, la nuova comunità di salvezza. In primo luogo la contemplazione del Risorto che prima fu crocefisso e che prima ancora era apparso in mezzo a noi. Ordine logico più che cronologico.

4. Non basta ricordare la morte di Cristo avvenimento salvifico, bisogna sottolineare la sua Risurrezione che è altrettanto ed in modo essenziale l’avvenimento della salvezza per il mondo. Passaggio attraverso la morte per entrare nella pienezza della vita. E tale mistero non avviene fuori di noi cristiani concreti e storici, ma che i sacramenti dell’iniziazione cristiana, come del resto tutti i sacramenti e i sacramentali fanno entrare noi stessi nel mistero pasquale e fanno sì che noi stessi agiamo questo mistero della Pasqua in quanto operano il nostro proprio passaggio attraverso la morte, a partire dalla morte del peccato (conversione) per giungere alla vita divina. Noi cristiani partecipiamo insieme a Gesù Cristo Signore Risorto nella Comunità che è la Chiesa al mistero pasquale reso presente, operante ed efficace. Quando si parla della salvezza del mondo e della Redenzione si deve sempre richiamare l’aspetto dinamico e completo del mistero: proiezione in una vita, in virtù e attraverso la morte. Nell’antichità il termine Passio indica la testimonianza resa da Gesù al Padre, e la testimonianza resa a Gesù Cristo Signore Risorto da parte dei martiri. E comporta sempre indispensabilmente, coestensivamente il concetto del trionfo, della gloria. Passio significa vittoria, vittoria si può sostituire a Passio. Passione del Signore significa perciò il suo passaggio verso la vittoria attraverso la morte e la sua entrata nella gloria, proprio come la passione di un martire significa la sua testimonianza trionfante. È importante e decisivo notare che qui non si tratta di due momenti successivi e numericamente diversi, che sarebbero quindi giustapposti, ma che si tratta della cel eb ra zi on e d el pa ssa ggi o d a l l ’u no al l ’a l tro , d a l la morte alla vita. In tale modo tutta l’economia della salvezza ha come suo centro il mistero pasquale. Le due fasi della «pasqua» del Signore sono talmente connesse che né l’una né l’altra avrebbero il loro autentico senso salvifico, se non si illuminassero a vicenda. (Flick)

5. La Pasqua è la festa della morte e della risurrezione (Veglia Pasquale). La morte e la risurrezione sono “la Pasqua compiuta nel Regno”9 (Lc 22,15). “La beata passione, la risurrezione dagli inferi, e la gloriosa ascensione”10 sono tre anelli dello stesso evento chiamato «mistero pasquale». San Giovanni aveva visto il mistero pasquale come “un passaggio da questo mondo al Padre” (Gv 13,1). L’a scen si o n e come fatto terminale d’ingresso alla gloria è un fatto trascendentale avvenuto nello stesso giorno di Pasqua, ma come fatto sensibile si colloca al quarantesimo giorno della risurrezione. Tuttavia “la vittoria e il trionfo della sua morte”11 riportato già nell’istante della crocifissione conobbe un processo di sviluppo continuo che attraverso la risurrezione e l’ascensione si concluse nel cielo con la sessione alla destra del Padre e l’effusione dello Spirito Santo nella Pentecoste. Pasqua, Ascensione, Pentecoste sono tre aspetti di un unico mistero di salvezza. Pasqua: passaggio dalla morte alla vita, dalla schiavitù alla libertà. Ascensione: Cristo risorto Signore e Re dell’universo. Pentecoste: lo Spirito attualizza ciò che Cristo ha compiuto. Pasqua vista come liberazione e un riacquisto come nell’antica Pasqua. Un popolo acquistato da Dio, salvato dalle acque (Es 15,16; Sal 73,2). Così Cristo libera e riporta alla proprietà. Per farlo tornare suo possesso. “Si è purificato un popolo che gli appartiene in proprio” (Tt 2,1412). La morte è vista come una vittoria sulla morte, sulla morte di Cristo prima, e poi sulla nostra, su Satana e il peccato. Nella Croce l’albero della vita e il trionfo. Testi: La morte di Cristo anticipa il giudizio di Satana: Gv 3,17; 12,31-47; 16,11. Vittoria sulla morte: Mt 9,18-25; Lc 7,14 sq; Gv 11; Ap 1,15. 18; At 2,24- 31; Rm 6,9; Eb 2,14; 1Cor 15,26. Sconfitta definitiva delle forze avverse: 1Cor 15,54-55; Ap 17,14; 19,11- 21. Il martirio di Cristo è stato un sacrificio di espiazione «per noi», a causa nostra, in vece nostra e a favore nostro. In quel sacrificio contavano soprattutto i sentimenti interni poiché la passione esteriore era un segno che esprimeva l’atto interiore della suprema obbedienza al Padre e del suo sommo amore per gli uomini (Cfr Gal 2,20; Fil 2,6-8; Rm 5,7-8; 8,35; Ef 5,2. 25). Con la Risurrezione Cristo Nuovo Adamo diventa Spirito vivificante, cioè donatore di vita a tutti quelli che sono solidali con lui nell’obbedienza e nella giustizia. La Potenza della Risurrezione: Ef 1,12; Rm 1,41; 1Cor 6,14; 2Cor 13,4; Fil 3,10; 2Cor 10,4. La gloria della Risurrezione: Gv 10,17; 13,1; 1Pt 1,1. 11. 21; 4,11; Ef 13,21; Ap 5,12. La vittoria della Risurrezione: Lc 11,14-22; 24,21; Is 52,13 sq; 53,11 sq; Col 2,15; Ap 5,5. 12; Gv 16,33. La morte non può stare senza la Risurrezione; sarebbe inconcepibile. La Risurrezione da sola può già riassumere il mistero. La Chiesa ogni domenica nel giorno stesso della Risurrezione celebra il mistero pasquale. La morte forma uno stesso anello con la risurrezione ma quest’ultima precede per ordine d’importanza anche se cronologicamente viene dopo. Valore salvifico della Risurrezione. Testi: At 5,31; 1Ts 1,10; 1Cor 15,17-45; Rm 1,4; 4,25; Ef 1,20-23; Rm 6,4- 5. 11; 8,1-5; Gal 2,20; 2Cor 4,14; Col 3,1-4. La salvezza e la redenzione non provengono dalla sola Croce, ma dalla morte e risurrezione. Vitam resurgendo reparavit13; con la risurrezione un oceano di vita. “Chi dunque ci può condannare? Il Cristo Gesù, colui che è morto – che dico? – risuscitato, che è alla destra del Padre, che intercede per noi?” (Rm 8,3414). Il Kerigma: Gesù è il “Principe della vita” (At 3,15), è il “Signore della gloria” (1Cor 2,8).

13 “Risorgendo ha restaurato la vita”(Cfr MESSALE ROMANO, Prefazio pasquale I). 14 Cfr Rm 8,34.

Mistero Pasquale e Chiesa

“Quest’opera della redenzione […] è stata compiuta da Cristo specialmente per mezzo del mistero pasquale della sua beata Passione […]. Infatti dal costato di Cristo morente è scaturito il mirabile sacramento di tutta la Chiesa” (Sacrosanctum Concilium, 5). “L’inizio e la crescita della Chiesa sono significati dal sangue e dall’acqua, che uscirono dal costato aperto di Gesù crocefisso e sono preannunziati dalle parole del Signore circa la sua morte in croce: ed io quando sarò levato in alto da terra, tutti attirerò a me” (Lumen Gentium, 3).

1. Cristo con la sua morte raccoglie i figli di Dio dispersi (Gv 11,52) e li raccoglie in assemblea, in Chiesa. Ci vorrà la Pentecoste, ma l’effusione dello Spirito è significata chiaramente dal sangue e acqua. Dio vuole la salvezza universale; Cristo la compie nella sua Pasqua e la continua per gli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi nella Chiesa che dalla Pentecoste in poi si riunisce in assemblea per ascoltare la predicazione della salvezza e riceverla mediante i segni liturgici, in unione con il popolo dei redenti nel cielo e fino all’ultimo ritorno di Cristo. Il Mistero Pasquale si effonde vitalmente: passaggio attraverso la morte per sboccare nella pienezza di vita. Tale mistero non avviene fuori di noi, cristiani concreti e storici, ma che i sacramenti dell’iniziazione cristiana, come del resto tutti i sacramenti ed i sacramentali, come l’anno cristiano e le sue celebrazioni, come l’ufficio divino, fanno entrare noi stessi nel mistero pasquale e fanno sì che noi stessi agiamo questo mistero della Pasqua, in quanto operano il nostro passaggio attraverso la morte, a partire dalla morte del peccato per giungere alla vita divina. Noi partecipiamo insieme a Cristo Risorto nella Comunità che è la Chiesa al mistero pasquale reso presente, operante ed efficace. Tale mistero costituisce il centro, il nucleo essenziale della Liturgia. Nuovo Esodo la Pasqua del Cristo che compie quello antico. Cristo prolunga l’esperienza storica di Israele per mostrare che in lui la salvezza dell’Esodo trova il suo compimento, la sua missione di salvezza (Gesù = Salvatore) mediante la sua morte e risurrezione. Appello al riposo in una terra consacrata. Ora Gesù conduce l’uomo al riposo divino (Eb 3-4) e i prodigi antichi sono rinnovati nella sua persona. Egli è la nostra vera Pasqua (1Cor 5, 8), l ’a gn el lo il cui sangue ci preserva dallo sterminio (Es 12,1; Is 53; Gv 1,29) e sancisce la nuova ed eterna alleanza, è la vera manna discesa dal cielo (Gv 6), egli è la vera roccia donde sgorga l’acqua che disseta (1Cor 10,4; Gv 4,14; 7,37), egli è la vera luce che ripete la colonna di fuoco (Gv 1,9; 3,19; 7,12), egli è innalzato come il serpente (Gv 3,14), è la nuova legge (Gv 1,17), è il sommo e eterno sacerdote (Eb 7,25) infinitamente superiore al sacerdozio inaugurato nel deserto (Eb 5,4-5), è il nuovo Giosuè che ha attraversato i cieli (Eb 4,14), ci conduce al riposo nella luce divina.

Il Mistero Pasquale e la Conversione

1. Dio chiama tutti gli uomini alla comunione con lui. Ma si tratta di uomini peccatori. Peccatori dalla nascita (Sal 50,7). Il peccato “è entrato nel mondo” (Rm 5,12) e da allora abita nel più intimo del loro «io» (Rm 7,20). Peccatori per volontà personale perché ognuno di noi “si è venduto al potere del peccato” (Rm 7,14). La chiamata di Dio esige una risposta e la prima risposta sarà una conversione. Poi tutta la vita sarà un atteggiamento penitente. Nella Bibbia insistenza sulla conversione. “Cercare Iahvè” (Am 5,4; Os 10,12). “Cercare la sua faccia” (Os 5,15; Sal 23,6; 26,8). “Umiliarsi dinnanzi a lui”(1Re 21,29; 2Re 22,19). “Fissare il proprio cuore in lui” (1Sam 7,3). La parola «sub», «volgersi», «ritornare» esprime che la conversione deve essere interiore, profonda comprensione del peccato, ubbidienza alla volontà di Dio, fiducia in Lui, allontanarsi da ogni cosa cattiva. Gesù dà un comando fondamentale: fate penitenza15. Egli è venuto a chiamare i peccatori alla conversione (Lc 5,32). Questo è uno degli aspetti fondamentali del Regno. L’uomo deve prendere coscienza del suo stato di peccatore. E deve sapere: Gesù è il figlio dell’uomo che ha il potere di rimettere i peccati (Mt 9,6). Ma il messaggio di conversione urta contro la sufficienza umana in tutte le sue forme, dall’attaccamento alle ricchezze (Mc 10,21-25) fino all’orgogliosa sicurezza dei farisei (Lc 18,9). Gesù si leva come il segno di Giona, ma trova minore disposizione (Lc 11,29-32) e perciò maggiore sarà la condanna. Come il fico sterile (Lc 13,1-10). Gesù non fa alcun accenno alle liturgie penitenziali. Ciò che conta è la conversione del cuore che fa ritornare come bambini (Mt 18,3) e lo sforzo per cercare il regno di Dio e la sua giustizia (Mt 6,33).

2. Convertirsi, pentirsi, fare penitenza per dire come dobbiamo accettare e vivere la parola e l’esempio di Gesù. Lui ha perfettamente ubbidito al Padre in tutta la sua vita, fino alla morte, sotto la guida dello Spirito Santo. La conversione nostra sarà accogliere il dono escatologico di Dio, cioè il frutto del mistero pasquale e come tale irreversibile.

15 Nella NOVA VULGATA: “Nisi paenitentiam egeritis – Se non vi convertirete” (Cfr Lc 13,3). Veniamo resi capaci di un atteggiamento di ritorno, conversione, penitenza, pentimento verso il nostro Dio, Signore e Salvatore, non meno che verso il nostro prossimo, nella fede e nell’amore. Si tratta di ascoltare Gesù Cristo cioè di accettare senza condizioni la Parola, Sapienza di Dio ed entrare nelle vie di Dio secondo lo Spirito. Non è neppure pensabile una vita cristiana che non sia profondamente e perennemente una totale conversione a Dio. La penitenza intesa in questo senso attraversa realmente la vita in tutti i suoi complessi rapporti. “Convertitevi e credete al Vangelo (Mc 1,15). Alla Rivelazione va prestata un’obbedienza di fede, la quale è essenzialmente opera dello Spirito di Dio in quanto lo Spirito sconvolge il cuore dell’uomo e lo converte. “A Dio che rivela è dovuta «l’obbedienza della fede» (Rm 16,26; cfr Rm 1,5; 2Cor 10,5-6), con la quale l’uomo gli si abbandona tutt’intero e liberamente prestandogli «il pieno ossequio dell’intelletto e della volontà» […] Perché si possa prestare questa fede, sono necessari la grazia di Dio che previene e soccorre e gli aiuti interiori dello Spirito Santo ecc…” (Dei Verbum 5). La conversione normalmente si realizza progressivamente con una serie di atteggiamenti che si succedono nel tempo in quanto l’uomo si eleva da una fede iniziale – attraverso il timore, la speranza, il pentimento e la volontà di ricongiungersi come membro vivo alla Chiesa – all’amore di Dio sopra tutte le cose. Quindi le condizioni perché avvenga: 1) Fede: adesione fiduciosa e totale a Gesù, accogliere a cuore aperto il Regno. Accettazione della sua dottrina e dei suoi comandi; integralmente. Non solo lasciare il peccato e ritornare a Dio, ma diventare immagine viva e trasparente di Cristo secondo Gal 2,20: “Non più io che vivo ecc…”. È il primo passo e insieme il compimento della palingenesi umana, prima dell’individuo, poi dell’umanità intera, anzi di tutto il creato. 2) Dirittura di volontà: cercare il bene e la verità qualunque siano le conseguenze e i sacrifici che ne derivano. 3) L’umiltà che rende possibile il riconoscimento sincero dei propri peccati ed il superamento di tanti egoismi, viltà, rispetti umani. 4) La docilità agli inviti di Dio, alla sua luce, alla sua grazia. È chiaro allora che sono tali gli ostacoli che la morte totale al proprio egoismo, e tanto più la vita nuova, è opera eminentemente di Dio il quale rispetta la libertà e la sollecita. “Nessuno può venire a me ecc…” (Gv 6,44); “Senza di me ecc…” (Gv 15,5). “Per grazia di Dio sono quel che sono” (1Cor 15,10).

3. Di conseguenza impostare la vita sul «sì» che impegna tutta l’esistenza. Un Cristo incontrato nella adesione totale e esultante alla sua Parola e alla sua misteriosa presenza ecclesiale e sacramentale, un Cristo velato e trasparente in ogni volto umano. Non essere più un amalgama di sì e di no. Esempio del sì di Abramo e più di Maria Santissima.

4. La conversione è iniziativa sua. “La mia parola non è forse come il fuoco – oracolo del Signore – e come martello che spacca la roccia? […] Eccomi contro i profeti di sogni menzogneri, io non li ho inviati …” (Ger 23,29-32). È iniziativa viva e operante: “Come infatti la pioggia e la neve” (Is 55,10- 11). Avvenimento storico, per tutto un popolo. Dio vuole la conversione a Lui, alla sua provvidenza. Tutta la storia della salvezza è un richiamo alla conversione. In particolare per mezzo dei profeti: Cfr Os 2; Is 8,1-20; Ez 3,4-11; Ger 11,18-23; Is 30,8-18; Ger 7,1- 15; 20,1-18. Gesù è venuto a porre fuoco e divisione, ad essere segno di contraddizione (Lc 2,34-35). Egli è l’ultimo giudizio di Dio sulla storia dell’uomo in vista della salvezza e lo è con la sua stessa persona e con la sua parola (Gv 3,17-21). Come segno del regno di Dio chiede una totale scelta per Lui (Lc 12,49; 13,17; 11,29-32; 19,41-44) e a coloro che optano per Lui egli propone la sua vita. Bisogna lasciare la logica umana, per quella che indica Dio (Mc 3,31-35); bisogna buttare la vita per il Vangelo (Mc 8,34; 9,1); servire nelle responsabilità (Mt 18,1-4; Mc 10,41-45). Il cristiano dovrà essere allora luce e sale, città sul monte, lume alla casa16. Deve saper essere un uomo nuovo e sempre capace di rinnovarsi; lo farà con lo spirito di Cristo che è dentro di lui per farlo nuova creatura (Gal 6,15; 5,16-25). E perciò fare propria la logica di Cristo che è quella della croce e perciò della testimonianza alla verità della salvezza, della carità, del servizio, della povertà (Gal 5,13-15; 1Pt 2, 1-10; 3,13 sq). Se vive così è contestazione al mondo e se saprà così rinnovarsi riuscirà a «vedere» quale è la volontà di Dio concreta nei suoi riguardi, giorno per giorno, situazione per situazione (Rm 12,1-2). Per cui ognuno è profeta nella misura in cui: • interiorizza la parola di Dio che il giudizio sul mondo e fonda tutto su di Lui; • se per primo contesta se stesso; • se saprà pagare di persona – sarà il suo martirio – buttando la vita per la crescita del Vangelo (1Cor 4; 2Cor 4,7-10).

16 Cfr Lc 5,13-15.

Il Mistero Pasquale e la Parola

“Ai fedeli la Chiesa deve continuare a predicare la fede e la penitenza, deve disporli a ricevere i sacramenti, insegnare loro a osservare tutti i comandamenti di Crosto…”17 (Sacrosanctum Concilium, 9).

1. Valore salvifico della parola. Praeconium salutis18 tende a suscitare la fede e la conversione. L’assemblea si riunisce per ascoltare la parola. La comunità si riunisce, prega e, illuminata dallo Spirito Santo, conosce il vero senso della Scrittura. Soprattutto nell’assemblea liturgica; luogo privilegiato. Le dimensioni della predicazione non possono essere che quelle della Pasqua di Cristo e della sua opera redentrice. La Pasqua è la massima donazione di vita, la suprema manifestazione dell’amore di Cristo. Predicare vuol dire suscitare la vita divina. La Parola di Dio è parola di riconciliazione (2Cor 15,19), di grazia (At 14,3; 20,3) e di salvezza (At 13,26). All’amore divino si risponde con un incendio di carità, con un contagio di bontà, proprio sull’esempio del Cristo pasquale (1Gv 3,16; 4,11). Il mistero pasquale è mysterium pietatis19 (1Tm 3,16), e la sua proclamazione è generatrice di pietà, che plasma sul modello di Cristo morto e glorificato. E ancora è annunciare la salvezza universale, spingere ad operare la liberazione di tutte le genti dal peccato. E ancora trasformare con lievito della Pasqua il mondo e lo conduciamo verso i cieli nuovi e la terra nuova della Pasqua eterna.

17 Cfr Sacrosanctum Concilium, 9. 18 “Messaggio della salvezza” (Cfr Sacrosanctum Concilium, 9). 19 “… mistero della pietà”.

Il mistero della Croce – A

1. Mt 16,21. Gesù svela ai suoi il mistero della Croce. Mt 17,22. Reazione violenta di Pietro. Gesù riafferma la volontà del Padre a suo riguardo e anche per tutti i suoi discepoli. “Noi predichiamo un Cristo crocefisso scandalo per i Giudei e follia per i pagani” (1Cor 1,2320). Per i pagani il supplizio riservato agli schiavi (Fil 2,8) non era solo una morte crudele ma un’ignominia (cfr Eb 12,2; 13,13). Per i giudei la redenzione sarebbe venuta da un cadavere (un’impurità dalla quale sbarazzarsi al più presto; cfr Gs 10,26; 2Sam 21,9; Gv 19,31), da un condannato appeso a un patibolo che portava su di sé il segno della maledizione divina (Dt 21,22 sq; Gal 3,13). Gesù stesso alla vigilia dice che tutti si sarebbero scandalizzati (Mt 26,31). Scandalo che ancora resta nel mondo.

2. C’è un senso nel mistero della Croce. Per obbedire al Padre (Mt 16,21). Era necessario che soffrisse, era nel disegno di Dio. Era stato predetto nelle Scritture (e si sottolinea spesso soprattutto coi salmi, ad esempio Mt 27,33-60; Gv 19,24. 28. 36). “Bisognava che il Messia soffrisse” (Lc 24,25). “Cristo è morto per i nostri peccati secondo le Scritture” (1Cor 15,3). Nella Croce c’è la vera sapienza. “Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo e questi crocifisso” (1Cor 2,2). Risplende la sapienza del disegno di Dio. “La parola della Croce è stoltezza per quelli che vanno in perdizione, ma per quelli che si salvano, per noi, è potenza di Dio” (1Cor 1,19). Gesù fu appeso all’albero come un maledetto, per riscattarci dalla maledizione della legge (Gal 3,13). Il suo corpo esposto sulla Croce “carne simile a quella del peccato21” ha permesso a Dio di condannare il peccato nella carne (Rm 8,322). La sentenza della legge è stata eseguita, ma nello stesso tempo Dio l’ha soppressa inchiodandola alla Croce e ha spogliato le Potestà (Col 2,14). Così mediante il sangue della sua Croce Dio ha riconciliato in sé tutti gli esseri (Col 1,20); sopprimendo le antiche divisioni causate dal peccato, ha ristabilito la pace e l’unità tra Giudei e pagani, affinché non formino più che un solo corpo (Ef 2,14-18).

20 Cfr 1Cor 1,23. 21 Rm 8,3. 3. La croce elevazione di gloria. La Croce non è più semplicemente una sofferenza, una umiliazione che trova un senso mediante il disegno di Dio e i suoi effetti salutari, è già la gloria di Dio anticipata. Gesù trionfa già in essa. Specialmente in San Giovanni. Il Figlio dell’uomo è innalzato (Gv 8,28; 12,32; come un nuovo serpente di bronzo segno di salvezza 13,14). Nel suo racconto della Passione Gesù muove verso di essa con maestà. Vi sale trionfalmente perché in essa fonda la sua Chiesa, donando lo Spirito (Gv 19,30) e lasciando fluire “sangue e acqua” (Gv 19,34). Ormai bisogna guardare verso colui che è stato trafitto (Gv 19,37). E nell’Apocalisse (22,2. 14-19) legno salvatore, legno della vita; albero della croce, albero di vita.

4. La Croce segno del cristiano. Rivelando che i due testimoni erano stati martirizzati “là dove Cristo fu crocefisso” (Ap 11, 8), l’Apocalisse identifica la sorte dei discepoli con quella del Maestro: “Chi vuole seguirmi ecc…” (Mt 16,26). Non solo deve morire a stesso; la croce che porta è il segno che egli muore al mondo, che ha spezzato tutti i suoi legami naturali (Mt 10,33- 39), che accetta la condizione di perseguitato, a cui forse si toglierà la vita (Mt 23,34). Ma nello stesso tempo essa è pure il segno della sua gloria anticipata (Gv 12,2; cfr 2Cor 12,10).

La Croce separa i due mondi della legge e della fede, della carne e dello spirito. Se Paolo si è convertito perché ha visto Cristo Crocifisso (Gal 3), non è giustificato per le opere della legge ma per la fede nel Crocefisso. È stato crocefisso con Cristo nel battesimo, è morto alla legge per vivere a Dio (Gal 2,19) e non ha nulla a che vedere con il mondo (Gal 6,14). Egli pone quindi la sua fiducia nella sola forza di Cristo, altrimenti si mostrerebbe “nemico della croce” (Fil 3,18).

La Croce è titolo di gloria. Il Cristiano è quello nel quale “l’uomo vecchio è crocefisso” (Rm 6,6), sicché è pienamente liberato dal peccato. Il suo giudizio è trasformato dalla sapienza della croce (1Cor 2). Mediante questa sapienza egli sull’esempio di Gesù diventerà umile e obbediente fino alla morte e alla morte di Croce (Fil 2,1-8). Più generalmente deve contemplare il modello del Cristo che “sul legno (della croce) ha portato le nostre colpe nel suo corpo, affinchè, morti alle nostre colpe, viviamo per la giustizia” (1Pt 2,21-24). Deve temere l’apostasia ché crocifiggerebbe il Figlio di Dio (Eb 6,6). Ma può esclamare: “Per me non sia mai che mi glori ecc…” (Gal 6,14). (Dufour23)

23 XAVIER LÉON DUFOUR, Resurrezione di Gesù e messaggio pasquale.

Il mistero della Croce – B

“Nos autem gloriari oportet ecc…”24 (Gal 6, 14). La Croce non riguarda soltanto la nostra intelligenza (fede) ma anche e soprattutto la speranza e la carità. Le meravigliose ricchezze della Croce. Gesù Cristo è verità della rivelazione e grazia della Redenzione.

1. Rivelazione. Il mistero pasquale punto di partenza dell’esistenza e del pensiero cristiani. È nel mistero pasquale che troviamo verità e norma (Dei Verbum, 2). “Perciò Cristo, vedendo il quale si vede anche il Padre, compie e completa la Rivelazione con la sua presenza […] con le parole […] e specialmente con la sua morte e la sua risurrezione ecc…”25 (Dei Verbum, 4). Nella morte di Cristo, Dio si è rivelato pienamente agli uomini. Èu n a ri vel a z io n e d el l ’ agape. Dell’amore che Dio porta agli uomini e l’amore che l’uomo deve portare a Dio. Egli è il servo di Iahvè, venuto per servire (Mt 20,28; Mc 10,45) e dare la sua vita per le pecore (Gv 10,11). Atto di amore gratuito e muore per salvare i peccatori. “Cristo santo, innocente, immacolato” (Eb 7,26), che non conobbe peccato (2Cor 5,21), venne a espiare (Eb 2,17). Gesù accettando di morire esprime il suo amore al Padre, la sua obbedienza. Venuto per compiere la volontà del Padre (Gv 4,32; 5,30; Eb 10,7; Sal 39,9) e assumendo la forma di schiavo (Fil 2,7), ha imparato soffrendo l’obbedienza (Eb 5,8). Per riparare la disobbedienza di Adamo (Rm 5,19). Il suo sì per il no. La sua oblazione ha segnato nel suo sangue la Nuova Alleanza. Vittima per santificare gli uomini. Amore per gli uomini: universale, di amicizia (Gv 15,13), personale, ci raggiunge nella nostra propria esistenza. E ci rivela l’amore del Padre verso gli uomini.

2. Compimento del disegno di salvezza. Attira tutti a sé (Gv 12,32). Amore gratuito, efficace, salvifico (cfr Ad Gentes, 7). Sulla Croce ha consumato l’opera della redenzione (cfr Dignitatis Humanae, 11). È liberazione dal peccato e dalla morte. Gettando fuori il principe di questo mondo (Gv 11,3). Associato al mistero pasquale (mortem nostram moriendo destruxit26) diviene conforme a Cristo e va incontro alla risurrezione.

24 “Quanto a noi non ci sia altro vanto che nella croce del Signore” (Gal 6,14). 25 Cfr Dei Verbum, 4. 26 “… morendo ha distrutto la morte” (MESSALE ROMANO, Prefazio pasquale I). È riconciliazione, con Dio, e degli uomini tra loro. È effusione dello Spirito, trasforma in creature nuove (Gal 6,15; 2Cor 5,17; Cfr Lumen Gentium, 7). È nascita della Chiesa. Dal costato di Cristo crocifisso la ha acquistata con il suo sangue (At 20,28). La Chiesa avrà perciò la missione di rendere presente il mistero della Croce.

3. La Croce è anche un fatto nostro, segni e azioni di salvezza. Conformarsi a Cristo finché sia formato in noi (Gal 4,19), siamo assunti nei misteri della sua vita, al suo mistero pasquale (Fil 3,21; 2Tim 2,11; Ef 2,6; Col 2,12). Partecipare alle sue sofferenze. Chiesa sacramento di salvezza. Non vi è altra via che quella di Cristo: la Chiesa continua e sviluppa, strada di povertà, obbedienza, del servizio e del sacrificio di se stesso (cfr Ad Gentes, 5). Nata dalla Croce, annuncia e vive la Croce. I cristiani associati a questo mistero, anche alla sua azione salvifica. Annunciare la Croce. Particolarmente coi sacramenti la Chiesa è luogo e mezzo di salvezza. Segno e strumento attraverso i quali Dio eleva gli uomini alla sua intimità. È il sacramento di Gesù Cristo come Gesù Cristo è nella sua umanità sacramento di Dio. Nella Chiesa-sacramento, i sacramenti significano e creano la comunità unica del corpo di Cristo, perché assimilano i credenti a Gesù nella sua morte e risurrezione, particolarmente il Battesimo e l’Eucarestia.

4. Il Battesimo. “Quanti siamo stati battezzati in Gesù Cristo, nella morte di lui siamo stati battezzati” Rm 6,327 sq. Li assimila alla sua morte e risurrezione; Col 2,12: “… con lui infatti siete stati sepolti nel Battesimo, nel quale siete anche risuscitati con lui in virtù della fede nella potenza di Dio che lo risuscitò dai morti”28. 1Pt 3,21-22; Mc 16,16. È un lavacro di rigenerazione e di rinnovazione. Tt 3,5; Ef 5,26; 1Cor 6,11. Ci consacra a Cristo e ci riveste di lui. Gal 3,27; 1Cor 1,16. Siamo liberati dal potere delle tenebre, riceviamo lo spirito di adozione. 1Ts 3,5-7; At 8,14-17. (Ad Gentes, 14). Questa incorporazione a Cristo crocefisso e glorificato opera una rigenerazione, una vita nuova. La partecipazione al sacrificio di Cristo sulla Croce permette di diventare sacerdote attraverso l’offerta del sacrificio spirituale. Il nuovo popolo di Dio. Ri-nati da un germe incorruttibile che è la parola (1Pt 1,23). Un popolo eletto ecc... (1Pt 2,9-10).

27 Cfr Rm 6,3. 28 Cfr Col 2,12. Questo sacerdozio chiama e abilita a l l ’o fferta d el sa cri fi ci o spirituale. Con tutte le attività i cristiani devono offrirsi come “vittime viventi, sante, gradite a Dio” (Rm 12,2). (Cfr Lumen Gentium, 10).

5. L’Eu ca ri sti a : la Messa è l’offerta attraverso il ministero sacerdotale dell’unico sacrificio della Croce, e “ogni volta che il Sacrificio della Croce, mediante il quale Cristo nostra Pasqua è immolato (1Cor 5,7), viene celebrato sull’altare, si attua l’opera della nostra redenzione” (Cfr Lumen Gentium, 3; Sacrosanctum Concilium, 47). Nel l ’Eu ca re sti a sono resi presenti la vittoria e il trionfo della sua morte (Sacrosanctum Concilium, 6). È presente nel sacrificio. È lui che offre per il sacerdote. Suggella la Nuova Alleanza, la rinnova (Sacrosanctum Concilium, 10); annunciano la sua morte. S i o ffre su l l ’a l ta re p er a sso ci a re i membri del suo corpo. Arrivano al Padre (Ad Gentes, 15), offrono a Lui la divina vittoria della Croce. Offrono se stessi con essa e in essa (Lumen Gentium, 11). Uniti l’annuncio di morte e risurrezione e la risposta del popolo (Presbyterorum Ordinis, 4). Legame tra l’offerta sacramentale di Cristo e di se stesso nel sacrificio eucaristico, e l ’o fferta d el sa cri fi ci o sp i ri t uale. Tutta la vita un sacrificio spirituale (Cfr Presbyterorum Ordinis, 2; Lumen Gentium 34; Sacrosanctum Concilium, 12).

6. La partecipazione alla Croce mediante la fede, speranza e carità. La Fede: strappa alla fiducia in se stessi, ci unisce alla morte di Cristo, ci permette di rivivere la morte eucaristica del Signore. Chi comunica al mistero della morte e risurrezione passa dall’uomo vecchio al nuovo (Ad Gentes, 13). Questo passaggio è la conversione. Rinuncia a salvarsi con le proprie forze e si affida al Signore. È morte al peccato (Cfr Presbyterorum Ordinis 4). La Fede è partecipazione all’obbedienza di Cristo fino alla Croce. Obbedienza della fede (Rm 16,26; Rm 1,5; 2Cor 10,5-6). Si abbandona a Dio, il pieno ossequio della intelligenza e della volontà (Dei Verbum, 5).

La Speranza: attesa dell’ora in cui “noi appariremo con Cristo nella gloria” (Col 3,4). Su questa terra la vita è partecipazione alla Croce. Sopportare tutto con coraggio e pazienza nell’attesa. “Avendo le primizie dello Spirito gemiamo dentro di noi” (Rm 8,28) e bramiamo di essere con Cristo (Fil 1,23). Vivere più intensamente (2Cor 5,15), essere graditi a Dio (2Cor 5,9), indossiamo l’armatura (Ef 6,11-15). Sicurezza della trasformazione (Tt 2,13; Fil 3,21; 2Ts 1,10). Superare le angosce del tempo (Gaudium et Spes, 22).

La Carità. La Croce manifestazione di carità. Dalla Croce viene lo Spirito e i suoi doni. “Ha amato me e ha sacrificato se stesso per me” (Gal 2,20). Cfr Gaudium et Spes, 22. Per lo Spirito l ’u o mo è ca pa ce d i a ma re e ma ni festar e q uesto a mo re dando la vita per i fratelli (Cfr Lumen Gentium, 42).

7. La conformità al Crocefisso in tutta la vita morale. Camminare seguendo Cristo: la sua strada nuova (Gaudium et Spes, 23), portare la Croce con Lui nella vita di tutti i giorni, conformazione della lotta, offerta del sacrificio spirituale (Gaudium et Spes, 38). Presenza al Signore (2Cor 5,8). Completare ciò che manca alle sofferenze di Cristo (Col 1, 24). La Vergine Maria è la figura, è il tipo della Chiesa (Lumen Gentium, 53. 58. 63; Gaudium et Spes, 56). Questa fede fino alla Croce bisogna viverla nel combattimento che implica il coraggio e la pazienza nelle tribolazioni e persecuzioni. La vita quotidiana, i doveri implicano una partecipazione alla Croce. Si rende così un sacrificio di lode ed è esercizio del sacerdozio spirituale. Obbedienza redentrice di Cristo anche in noi. La vita è lotta costante all’interno e all’esterno (2Cor 7,5). Portare mortificazioni di Cristo (2Cor 4,10-11). L’unione alla Croce è la legge dell’intera vita cristiana, esigenza dell’unica santità (Ef 5,27; Lumen Gentium, 41; Gaudium et Spes, 37). Le Persecuzioni. “Beati voi” (Mt 5,11); “Così tutti coloro che vogliono vivere piamente in Cristo Gesù saranno perseguitati” (2Tm 3,12); “Se hanno chiamato Belzebul ecc...” (Mt 10,24-25). Tutti devono essere disposti a seguirlo nel cammino della Croce in mezzo alle persecuzioni che non mancano mai alla Chiesa. Nella vita di tutti i giorni. L’accettazione delle esigenze della fede vissuta implica una costante partecipazione alla Croce di Cristo. Esigenze della carità. Identificazione a Cristo. Dare la propria vita per le pecore (Gv 10,11). Servire (Mt 20,28; Mc 10,45). Avversità della vita: “Se qualcuno vuol venire ecc…” (Mt 16,24). Gli sposi: il loro amore è inserito mediante il sacramento nella carità di Cristo che si sacrifica per la sua Chiesa (Ef 5,32; Gaudium et Spes, 48; Lumen Gentium, 41). Il vero senso del matrimonio non può essere compreso se non si comprende la necessità di passare attraverso il sacrificio e la sofferenza per giungere all’amore perfetto che fiorisce nella gioia. (Delhaye29)

29 PHILIPPE DELHAYE, Il mistero della croce.

Croce e Risurrezione unico mistero di salvezza

1. “… a noi che crediamo in colui che risuscitò dai morti Gesù Signore nostro, il quale fu dato alla morte per i nostri peccati e fu risuscitato per la nostra giustificazione” (cfr Rm 4,24-25). “Noi predichiamo Cristo Crocefisso” (1Cor 1,23), mistero in apparenza di scandalo, in realtà rivelatore di onnipotenza e sapienza di Dio. “Vana è la nostra fede se ecc...” (1Cor 15,14).

2. Sull’efficacia della croce e resurrezione n o n si p uò stacca re l ’effi ca ci a d el l ’u n o da l l ’al tro . Il cristiano unito mediante la fede (Rm 1,16) e mediante il Battesimo (Rm 6,4) al Cristo morto e risuscitato viene liberato dal peccato, muore al peccato, è liberato dalla legge (Rm 7,6; Gal 2,19), è morto agli elementi del mondo (Col 2,20) per vivere la nuova economia della grazia e dello Spirito (Rm 8,5-13).

3. Rm 3,23-26. Abbiamo bisogno di Redenzione. Chi giustifica è la morte di Gesù che è offerta sacrificale. È i l «p rop i z ia to rio » Cri sto Ge sù . L’ hilasterion (kapporeth), (il coperchio dell’Arca), era il luogo della presenza di Dio (Lv 16,2; Nm 7,89; Sal 79,2), era strumento di espiazione mediante il sangue di cui veniva asperso (Lv 16,14-15). Ora Dio ha stabilito Cristo quale propiziatorio nel suo proprio Sangue, con il dono della sua vita. Spetta a noi, mossi dalla grazia, appropriarci l’efficacia del suo sacrificio mediante la fede. Cioè la liberazione dei peccati e la giustificazione. Giustificati: resi giusti dall’azione salvatrice di Dio, resi partecipi degli attributi divini, figli di Dio, fedeli alla Nuova Alleanza e docili alla volontà di Dio (Cfr Rm 5,9 sq; Rm 8,3-4; Gal 4,4-5; Ef 1,7-8.

4. Efficacia della Risurrezione. Se Cristo non è risuscitato, vana è la fede (1Cor 15,14). La vita di grazia ci viene dalla partecipazione alla vita di Cristo risorto (Rm 6,8-10; 8,2). La partecipazione alla vita del Risorto che elimina il peccato e ci porta la grazia. Con la resurrezione il Padre ha glorificato Cristo costituendolo Figlio di Dio (non per natura, lo era dall’eternità) secondo lo spirito di santificazione; cioè in un nuovo modo di essere, con la pienezza del potere di santificare (Rm 1,4). I poteri divini e i privilegi (la gloria di santificare) del Verbo furono comunicati alla natura umana, nella loro pienezza. È il kyrios30 (Fil 2,9- 11). E risusciterà coloro che sono diventati figli. 5. La risurrezione di Cristo è causa esemplare e causa efficiente della risurrezione dei corpi e delle anime (San Tommaso31). È molto di più di un miracolo strepitoso che fonda apologeticamente la nostra fede. Essa costituisce un evento cosmico e escatologico, principio di un mondo nuovo della risurrezione spirituale e corporale. Morte e Resurrezione formano un blocco compatto e inseparabile nell’opera di amore del Padre, Figlio e Spirito Santo. Due aspetti dell’unico evento salvifico o componenti di un unico mistero. Non possiamo meravigliarci se la salvezza ora viene direttamente connessa alla morte di Gesù sulla Croce, ed ora alla Resurrezione o ad entrambe. Alla morte di Gesù: Rm 3,25; 5,9; Gal 2,20; Ef 5,26; Tt 2,14. Alla Risurrezione: At 26,23; 1Pt 1,3; 3,21. Ad entrambe: Rm 4,25. La morte ha una causalità meritoria, redentrice, riparatrice, sacrificale. La Risurrezione ha solo causalità strumentale, intenzionale ad modum signi32. È sacramento primordiale di salvezza, nell’atto stesso in cui si compie un grande Sacramento celebrato una volta per sempre il quale significa (in forza dell’umanità) e produce efficacemente (in forza della divinità) la nostra risurrezione spirituale e anche fisica finale del corpo. (Sapienza33 1, 386 sq.).

6. Evitare le deformazioni. Alcuni nel mistero non vedono che la Risurrezione. Solo il Cristo risuscitato è il Salvatore. È successo come in altri campi. La Chiesa-comunione ha oscurato la Chiesa-istituzione: l’Eucaristia comunione e assemblea ha relegato in secondo piano l’Eucaristia Sacrificio. Si presenta male il mistero pasquale: tutto per la resurrezione; si sconsiglia la meditazione della Passione. La gioia e il trionfo della risurrezione ci dispensano dal pensare ai dolori di Cristo, ma anche da un esercizio ascetico della vita. Liberarci dalla preoccupazione dei peccati perché Cristo li ha vinti. I mali del mondo van visti in chiave di fiduciosa speranza. Godimento dei beni e piaceri materiali, rinuncia all’ascesi. Sorvolo dell’ascetica nella vita dei santi. Vocazioni. (Sapienza della Croce, I, 300 sq). (Continua n. 9).

7. Mysterium Passionis. Salvezza venuta dalla Croce. Gesù Sacerdote e vittima. Tutta la sua vita è vittimale. Ma è con la morte in Croce che ha redento. La risurrezione è il coronamento, ne è inseparabile. Con la Croce si manifesta Dio-Amore. Glorificazione al Padre e la vita all’uomo.

31 Cfr SAN TOMMASO D’AQUINO, Summa Theologiae, III, q. 56. 32 “come segno”. 33 AA.VV., La sapienza della Croce oggi, Vol. I.

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  • “È evidente come Don Pietro abbia vissuto il suo sacerdozio
    tra la vita delle persone, condividendo tutto. 
    In fondo, forse, è il segreto più prezioso che ci ha svelato.”
    Umberto Roversi

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