Quaderno 4 - Contiunculae Contarellianae 1942

QUADERNO 4 Contiunculae Contarellianae1

1 Titolo scelto da don Pietro per indicare “piccole orazioni”, “discorsetti” tenuti presso l’Istituto Contarelli di Correggio. 6 Settembre 1942. Il figlio della vedova di Nain2.

Due convogli si incontrano: quello della vita e quello della morte. La vita distrugge la morte. Gesù opera la stessa risurrezione nelle nostre anime. Se la nostra anima è in contatto con Gesù deve avere in sé una risurrezione perenne: dai nostri peccati, dalle nostre cattive abitudini. Pericolo di una vita di trascinamento, stiracchiata, specie in un ambiente collegiale. Come ci si deve guardare. Rinnovarsi quotidianamente. Renovamini spiritu mentis vestrae3. Non avvilirsi delle cadute. Ogni giorno mettere una pietra alla nostra spirituale costruzione. Le grandi cattedrali così imponenti costruite mattone su mattone. Esempio di quel sacerdote che da solo costruì la sua Chiesa impiegandovi 38 anni. Dobbiamo costruire una cattedrale spirituale a Dio nel nostro cuore. Il nostro programma che intenderemo svolgere vorrà porre ogni volta una pietra a questo edificio. Ogni volta sarà un pensiero di risurrezione. Seguirlo con fede. Il lavoro comune sarà ben proficuo e ci aiuteremo così per stare sempre più vicino al Signore.

8 settembre 1942. Natività di Maria Santissima.

Quest’oggi è una festa di gioia. Ce lo dice la Chiesa quando in un impeto magnifico di entusiasmo esclama: Nativitas tua Dei Genitrix Virgo, ecc…4. Prima della nascita della Vergine tutto il mondo era immerso nelle tenebre del peccato. Come tutta la natura sembra allietarsi all’apparire del sole, così tutto il mondo fu rallegrato dalla nascita della Vergine. Ella era l’aurora, foriera del grande sole che avrebbe rischiarato, salvato, redento tutti i poveri figli di Eva. Maria non nacque come tutti gli altri bimbi coperta di peccato; Ella era immacolata, tutta risplendente di bellezza soprannaturale davanti agli occhi di Dio. Il Padre l’amò già come sposa, il Figlio l’adottò per mamma, lo Spirito Santo si compiacque di arricchirla di tutti i suoi doni. Gli angeli ne circondarono la culla, la riconobbero loro regina, celebrarono coi loro inni questa Vergine benedetta. Uniamoci anche noi ai loro inni e alla loro gioia. Sì rallegriamoci perché è nata la nostra Mamma dolcissima, gioiamo: è apparsa la nostra salvezza. E inginocchiati

2 In seguito Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla. Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei. Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: “Non piangere!”. Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: “Ragazzo, dico a te, àlzati!”. Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre. Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: “Un grande profeta è sorto tra noi”, e: “Dio ha visitato il suo popolo”. Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante. (Lc 7,11- 17). 3 VULGATA LATINA, Ephesians 4,23: “… a rinnovarvi nello spirito della vostra mente” (cfr Ef 4,23). 4 “Nativitas tua Dei Genitrix Virgo, gaudium annuntiavit universo mundo; ex te enim ortus est sol iustitiae, qui donavit nobis vitam sempiternam” (BREVIARIO ROMANO, Responsorio lezione VI, in Natività di Maria). intorno a quella culla benedetta preghiamo Maria Bambina a benedirci e a darci la grazia della gioia. La gioia delle feste sante della Chiesa, la gioia delle cose spirituali, la gioia del nostro dovere. Perché alle volte certe anime si lasciano prendere dalla tristezza, dal turbamento, dalla noia della loro vita quotidiana vissuta per il Signore? Esse guardano quasi con un senso di invidia le gioie false e bugiarde del mondo. Concepiscono la vita devota quasi come una intollerabile cappa di piombo; che pesa e che soffoca. E non sanno che nel mondo non è tutto oro ciò che luccica. Che di dietro al lusso, al riso, al divertimento, agli spassi, vi è il vuoto, la nausea, la stanchezza, il rimorso5. E non sanno che per l’empio non vi è mai pace, che il cuore non si può saziare delle cose di quaggiù. Oh! Voi altre che il Signore ha raccolto in questo collegio non abbiate mai uno sguardo di invidia per quelle che hanno più liberta di voi, per quelle che vivono una vita leggera affogata nei divertimenti. Non crediate e non abbiate l’illusione che nel loro animo siano felici. Lo sappiamo noi sacerdoti se sono felici. Il riso tante volte non è che una maschera, per nascondere l’inquietudine del cuore e vanno ai divertimenti non perché dopo qualche volta ne restino allietate, ma perché le stordiscano e soffochino la tristezza profonda che le fa piangere. Le passioni non rendono mai contente; sono come le spine. Dilaniano l’animo. E noi vediamo quelle persone a cui pare niente manchi di libertà e di divertimento essere rose dallo scontento, dall’invidia, dai loro stessi capricci. La vera gioia la dà solo Iddio. Nell’adempimento costante e sereno del nostro dovere, nella certezza che Dio ci segue, ci vede e ci premierà troveremo i motivi della vera letizia del cuore. La Vergine Santa modello d’ogni virtù ci conceda per tutti i giorni della nostra vita tale pace e tale letizia. (Mente e Cuore pag. 67; Branchereau IV p. 946; Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, Glorie di Maria II, 562).

13 Settembre 1942. Guarigione dell’idropico7. Grandezza di Dio.

Gesù con un gesto semplice e solenne opera il miracolo. Con questo Egli si manifesta Dio. Noi non pensiamo abbastanza alla grandezza di Dio. Esempio di Massillon8 nel discorso funebre a Luigi XIV: “Dio solo è grande”. In questa vita non possiamo conoscere Dio che come in una notte profonda. La sua maestà è immensa. Il profeta Isaia ebbe una celebre visione, quella dei Serafini che si

5 A bordo pagina compare la seguente annotazione: Come certi frutti esteriormente belli, dentro amarissimi. 6 LOUIS BRANCHEREAU (superiore del seminario di Orléans), Meditazione per i chierici e per i sacerdoti; versione dal francese di don Antonio Boni arciprete di Bedole, Queriniana Brescia. 7 Un sabato si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. Ed ecco, davanti a lui vi era un uomo malato di idropisìa. Rivolgendosi ai dottori della Legge e ai farisei, Gesù disse: \"È lecito o no guarire di sabato?\". Ma essi tacquero. Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò. Poi disse loro: \"Chi di voi, se un figlio o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà fuori subito in giorno di sabato?\". E non potevano rispondere nulla a queste parole (Lc 14,1-6). 8 JEAN-BAPTISTE MASSILLON (Hyères 1663 - Clermont 1742), predicatore della congregazione dell’Oratorio. coprivano la faccia esclamando: Santo, santo ecc9… tanto è grande la Maestà del Signore. È bene che pensiamo spesso a questa grandezza. È un pensiero che indubbiamente ci porterà del bene. Dio è infinito, infinito in tutte le sue perfezioni. Ha creato questo mondo così bello così vasto così grande. Immensità dell’universo. La stella prossima. Miliardi anni di luce per arrivare il raggio da qualche stella fino a noi. Infinito nelle sue bellezze però potrebbe creare migliaia di mondi più belli e più grandi di questo. Dicevo che è un pensiero che fa bene perché crea in noi un sentimento di umiltà e di detestazione del peccato. Umiltà: come siamo piccoli e miseri davanti a Dio. Siamo meno che niente. Detestazione del peccato. Comprendiamo come sia grande il peccato che osa ribellarsi e insultare un Dio così grande e infinito. Noi invece lo commettiamo con tanta facilità e leggerezza. Poi un altro sentimento che è di gioia pensando che noi siamo i servi di un Signore così grande e così eccelso. Dobbiamo quindi spronarci a lavorare molto per Lui. E siccome il nostro dovere è l’opera che si deve presentare cercare che sia perfetto il più possibile. Tanto più grande è la persona tanto più nobile deve essere il dono che le si presenta. Non si può dare ad un re come dono una mela fracida: non sarebbe un dono sarebbe un’offesa. Guardiamo quindi che le nostre opere buone siano fatte con tanta fede e con tanto amore che siano degne di Dio. (Mente e Cuore pag. 15).

9 Proclamavano l’uno all’altro dicendo: “Santo, santo, santo il Signore degli eserciti! Tutta la terra è piena della sua gloria” (Is 6,3).

Predica delle anime (Appunti Arciprete)

Spargete, o fedeli, spargete fiori a larghe mani sulle tombe dei poveri morti: i fiori sono simbolo di speranza e di amore. Con quelli che furono un giorno della nostra società ed ebbero la porzione più eletta del nostro cuore, il fiore ci ricongiunge ancora in dolce e imperituro vincolo di affetto e di soave speranza. Ma se il fiore della natura avvizzirà e cadrà, la speranza cristiana, eterno fiore, più vivida e sempre più bella crescerà e vivrà. Oh! triste ricordo! Lo rammentate? Là sul letto di morte sentimmo tra le nostre mani quella gelata e inerte del povero morente... dai suoi occhi languidi partiva l’ultimo sguardo che in un’ansia affannosa ricercava gli amici, la luce, la vita. Un singulto e poi più nulla. I suoi occhi per sempre spenti, le sue labbra per sempre mute, le membra tutte del suo corpo per sempre inerti. Mio Dio! quale mutamento, quale profonda e misteriosa vicenda! Ma la religione in tanta oscurità getta uno sprazzo di quella luce che conforta e assicura. O voi che piangete nel dolore, nello strazio accorato, la morte dei vostri cari, udite oggi più forte, più solenne la parola della Sacra Scrittura “Beati i morti che muoiono nel Signore”10. Illuminata dalla fede non è più desolante e spaventosa e senza speranza la morte, rischiarati da questa luce anche lo strazio dell’animo è mitigato e raddolcito. Oh! la tomba sulla quale non s’innalza la luce è ben triste e dura cosa. A nulla valgono le lacrime, a nulla il pianto più angoscioso, se una speranza non riunisca ancora in dolce comunione d’amore colui che vive con colui che è morto. Ci sia dunque mestamente caro intrattenerci oggi sui i nostri morti. Là nel Campo Santo luccicano le croci posate da mani pietose sui resti dei nostri cari ed olezzano al vento i mesti fiori. Quelle croci e quei fiori stanno a testimonianza della nostra fede, della nostra certezza che il palpito del nostro cuore non s’infrange sulle fredde pareti del sepolcro, ma vibra più forte e possente ancora. Noi crediamo, siamo certi che essi vivono nell’eternità, e ci accarezza la dolce soave speranza che essi godano questa vita in luogo di pace. Riposate, riposate in pace, poveri morti! Ma se mai abbisognate ancora di noi, eccoci qui, oggi subito, a porgervi l’opera nostra, a continuare da questa terra le nostre premure affettuose per alleggerirvi il dolore, per mitigare le vostre pene. Tra il luogo dell’eterno dolore e dell’eterno contento, un terzo luogo vi è ove l’umano spirito si purga e di salir al ciel vien fatto degno; ove coloro che non sono così candidi da volare subito alle nozze celesti purgano nel dolore le loro macchie e coll’espiazione si espongono alle gioie del Cielo. E noi che siamo sempre con essi congiunti con vincolo d’amore possiamo non solo ricordarle con un pensiero del dolore, ma con suffragi porgere loro un sollievo per essi necessario e per noi di nessun peso. Il bisogno di ricordare i morti, di elevare per essi una preghiera non è di ieri.

10 Ap 14,14. Sono più di mille anni che la Chiesa ha consacrato un giorno speciale destinato alla preghiera per i poveri morti. Ma poi anche fuori del cristianesimo presso tutti i popoli sia antichi che moderni vi è un culto dei morti che non dice solo una cerimonia o un ricordo, ma segna ancora un bisogno di offrire espiazioni per i peccati commessi dai defunti nella vita. Gli antichi egiziani ritenevano che le anime dovessero subire delle prove espiatorie prima d’entrare nella dimora d’Osiri11. I persiani invece pensavano che le anime dei trapassati dovessero fare lunghi, faticosi viaggi prima di giungere al Cielo. Credenze simili si ritrovano anche presso i popoli moderni. E questo non solo presso la massa del popolo, ma anche tra le persone dotte le più rappresentative dell’umanità che è fuori del Cristo. Platone uno dei più grandi filosofi così precisamente si esprime: Dopo la morte quelli che non sono né totalmente colpevoli né totalmente innocenti soffrono pene proporzionate alle loro colpe, finché purificate, siano stimate degne di ricevere la ricompensa delle loro opere buone12. Non è dunque opinione di oggi e di ieri; è l’umanità intera che ci ha parlato chiaro: il Purgatorio esiste. Ma lasciamo il crepuscolo ed entriamo nella luce della verità piena e della Rivelazione. Apriamo la Sacra Scrittura. Nel libro II dei Maccabei un illustre e valoroso capitano di nome Giuda dopo aver combattuto grandi battaglie per la Religione e la Patria, manda al Tempio di Gerusalemme dodicimila dramme d’argento, affinché si offrisse un sacrificio per i caduti in combattimento. Egli riteneva cosa giusta e santa pregare per le anime di coloro che pur avendo dato la vita per il più sublime ideale potevano avere da scontare nella vita futura delle pene dovute alle colpe commesse quaggiù13. Un giorno Gesù rimproverava i farisei e diceva anche questo. Vi è un peccato che non può essere rimesso né in questa vita né in quell’altra. È il peccato d’indurimento del cuore contro lo Spirito Santo14. Se non è remissibile in quell’altra vita vuol dire però che vi sono dei peccati – i veniali – che possono essere scontati e rimessi nell’altra vita un luogo che noi chiamiamo Purgatorio. Il Purgatorio dunque c’è. Ma poi interrogate il vostro cuore e la vostra ragione. Sono uguali gli uomini? No certo: se li considerate nella sfera sociale-morale-intellettuale. Morale: gli eroi della virtù i Santi, e gli impenitenti. Un’altra schiera… quasi tutti ove li metterete voi? E allora per chi esce dalla vita ove è così facile macchiarsi, donde è così difficile uscire completamente purificati, per questi che non possono salire subito alla presenza di Dio che macchia non conosce quale sarà il luogo di ricovero? Che ne sarebbe senza il Purgatorio di tante anime che vissero buone ma non immacolate? Che ne sarebbe di quel mio povero morto che non era no cattivo, ma pur aveva le sue debolezze? Lontano forse da Dio per sempre? No: Iddio eterna sapienza ha trovato il luogo della purificazione. Ecco come ragiona la mente, ecco come parla il cuore: ecco come ha parlato la Chiesa, come ha rivelato Iddio. Il Purgatorio esiste.

11 Osiride. 12 Nel Fedone, il filosofo greco racconta che le anime la cui vita non è stata né buona né cattiva vengono raccolte nella palude dell\'Acherusia, dove dovranno purificarsi in vista dei premi futuri. 13 Cfr 2Mac 12,38-45. 14 Cfr Mc 3,28-29. II parte. Il Concilio Tridentino dicendo che c’è il Purgatorio ci ha pure detto che possiamo aiutare quelle anime. [Questo si è sempre praticato nell’antichità (lustrazione - pagani)]. È certo infatti che quelle anime soffrono, tale essendo lo stato del Purgatorio. Prima pena: dal conoscere e amare quel bene a cui sono destinate e che pel momento − per molto tempo forse − non possono pur desiderandolo possedere. Sanno di essere destinate al luogo di ogni bene − al Cielo − e a Colui che forma la ragione di ogni gioia celeste cioè Iddio. Lo sanno, lo comprendono, lo conoscono in tutta la sua ampiezza e vorrebbero volare a Lui – datemi le ali che io voli come colomba al nido −, ma invece debbono rimanere forzatamente immobili. Ahimè! Gridano forse con le parole che noi recitiamo nell’Ufficio dei Morti: Il mio triste soggiorno si è prolungato! Esse già amano quel bene, e quell’amore non può essere appagato. E voi ditemi vi è tormento maggiore dell’amore cui sono tagliate le ali? Che non può vedere, correre all’oggetto amato? E notate una cosa: l’amore terreno è pallida immagine del Divino. Poiché l’affetto sta in ragione della perfezione della cosa o persona amata e dell’apprensione della medesima. Ora non vi è bellezza e perfezione maggiore che in Dio. Ma il loro amore si infrange e si spezza perché una barriera li divide: il Purgatorio. Debbono rimanere nel carcere, sanno, anelano di uscire e nell’attesa angosciosa gemono e soffrono. Non vi è mai accaduto di essere lontano dalla famiglia e dalla patria? Quanti giorni trascorsi nella tristezza! Altra terribile pena: del senso e del fuoco. Non vi spiegherò quale esso sia: vi ricordo solo che è dovuto ad una forza misteriosa che tormenterà e cruccerà le anime. E che al dire di San Gregorio sarà più doloroso di tutte le tribolazione della vita presente15. Bisogna tenere per certo (Beato Bellarmino) che non c’è proporzione tra le sofferenze di questa vita e quelle del Purgatorio16. San Tommaso, Sant’Agostino, Santa Teresa, Santa Caterina, tutti ce ne parlano e ce lo dipingono come luogo di grande inesprimibile dolore che anche in minima parte supera ogni dolore terreno. In mezzo a tanto dolore essi hanno una speranza sola: noi. Noi soli per quella comunione di sentimento che passano tra noi e loro, noi soli li possiamo aiutare. Essi non possono più meritare: il giorno del lavoro è per essi compiuto. Ed allora giacché Iddio a noi concede di aiutarli, non lo faremo noi? Non innalzeremo noi la nostra preghiera e i nostri sacrifici? Oh pare di udire il lamento di tanti cari: non vi ricordate più di noi? Non vi ricordate più che foste proprio voi la causa delle nostre colpe? Perché non ricordate? Non ci soccorrete? E notate che al loro grande bisogno si oppone il poco sacrificio che si ricerca da noi, il leggero incomodo che a noi ne viene. E quali opere? Con ogni opera buona e più che tutto con il Santo Sacrificio. Questo facevano i primi cristiani, anche noi. Nella Messa è Cristo stesso che parla, che si immola: è il suo Sangue di Dio che come pioggia celeste discende nelle anime che l’invocano. Invochiamola allora sui poveri morti e riceveremo in noi il Santissimo Sacramento.

15 Cfr GREGORIO MAGNO, Dialoghi, cap 39. 16 Cfr ROBERTO BELLARMINO, Dichiarazione più copiosa della dottrina cristiana, cap XXII. Ma anche ogni giorno ricordatevi dei trapassati. Se durante la vita ogni ora aveva un palpito per essi, dopo la morte ogni giorno almeno abbia il suo pensiero. Poi ogni opera buona purché voi vogliate può recare sollievo a quelle anime che gridano: pietà, pietà di noi.

III parte: coloro per i quali ora preghiamo noi pregano ancora essi per altri ancora. E non verrà poi anche per quanti oggi qua siamo il giorno che abbisogneremo di preghiere? Ma il Signore ci grida: sarete trattati alla stessa misura ecc. Se dunque ci preme che un giorno anche per noi salga a Dio la preghiera propiziatoria per discendere dal trono divino come pioggia ristoratrice sulle nostre anime sitibonde − Oh! − siamo ora larghi e generosi. Ed alla Chiesa che oggi ci richiama al ricordo dei nostri morti rispondiamo pronti. E mentre lenta e mesta la campana vivrà dalla torre il suono lugubre, scuotiamoci e preghiamo: “Squillate, squillate pure o campane la vostra voce viene dall’alto, come un mesto rimpianto, come un saluto pieno di tenerezza, come un addio per chi viaggia verso il solitario paese della eternità. A quei lenti rintocchi sfilano dinnanzi al pensiero immagini care di persone le più amate. A tutti vada oggi il nostro pensiero la nostra prece. Vada oggi più caro il nostro ricordo a quelli che ebbero con noi relazioni di sangue, di parentela: vada il pensiero ed il suffragio a quelli che ebbero cura delle nostre anime, che forse infinite volte ci dischiusero i tesori della grazia di Dio, che ressero le sorti della Chiesa e in qualche modo ci fecero del bene. Vada ai poveri morti che passarono all’altra vita durante lunghi pellegrinaggi; dopo innumerevoli anni trascorsi nelle tetri carceri; a tanti che lasciarono dimenticati da tutti la vita nei deserti, lungo le vie solitarie sotto i ghiacciai del Polo o tra le sabbie infuocate dell’Equatore. E tanto più li dobbiamo ricordare in quanto che ai loro corpi mai onore alcuno fu tributato − non i profumi dell’incenso, non le gocciole d’acqua benedetta − almeno salga la preghiera comune. Il nostro pensiero abbracci e accolga tutti. Ma se mai là nel Campo Santo sotto un tumulo di terra ancora smossa riposassero da poco tempo i resti di una persona di famiglia, babbo, mamma, sposa, figli, oh! allora il gemito del nostro cuore, il grido della nostra anima salga potente al Signore. Non ci dimentichiamo: non siamo disgiunti. La Religione ci unisce ancora. Domani nuvoli di incenso odoroso, gocce d’acqua benedetta saranno sui nostri corpi santificandoli. Tra breve dormiremo insieme il sonno della morte; tra breve altre zolle di terreno saranno smosse e ricopriranno noi pure. Ed allora attenderemo insieme il suono dell’angelica tromba che squillerà chiamandoci a vita novella. Gesù, la cui Croce benigna sorgerà sul nostro sepolcro, ha vinto la morte sorgendo dal sepolcro, ed ora vive raggiante Signore della morte e dei secoli. Ebbene, vedete, Egli ripete ancora a noi che piangiamo e che tra breve dormiremo il sonno della morte: Io sono la risurrezione17.

17 Gv 11,25.

Epifania

1) Le persone che costituiscono il quadro dell’Epifania possono simboleggiare mirabili insegnamenti per la vita cristiana: a) I Magi con la buona fede e la alacrità delle anime sincere e desiderose del bene non rimangono indifferenti alla chiamata della stella, ma subito la seguono senza tergiversazioni o sottigliezze, non curanti dei giudizi del mondo e dei disagi inevitabili, desiderosi soltanto di rintracciare il Salvatore del mondo e di rendergli omaggio. Alla vocazione del Signore e alle intimidazioni del dovere siamo noi ugualmente pronti con la generosità dell’amore e del sacrificio? O non forse mendichiamo mille pretesti per differire, per indugiare, per attenuare, per fare − in una parola − il comodo nostro? b) Erode si conturba quando sa della nascita di Gesù perché ha il cuore corrotto e guasto. Le tenebre non amano la luce. c) La Madre col Bimbo; non solo questo, ma sulle ginocchia della Madre inseparabile; e allora istintivamente si trovano e si offrono i doni: l’oro e l’incenso la mirra perché non è possibile che una coscienza trovi Gesù senza fargli di sé la donazione senza riserve. Aiuto indispensabile di Maria nella vita spirituale. Madre nostra, genera Gesù in noi e per mezzo suo giungiamo alla pienezza della grazia. (D. Galbiati, Rivista del Clero, Gennaio 1922). 2) È una cosa strana che dei forestieri vengano da tanto lontano ad adorare il Salvatore mentre i Giudei, lì sul posto non vi fanno attenzione. Cosa strana, ma è quello che succede tra di noi. Noi abbiamo la gioia immensa di avere Nostro Signore nelle nostre chiese e quanti restano indifferenti a questo dono immenso della divinità. La causa: l’attaccamento ai beni materiali, ai piaceri. Si viene così a preferire la creatura vile a Dio, il contingente al necessario, il passeggero all’eterno.

Per la festa del Papa:

Il 29 Giugno celebreremo la festa del Papa; sarà la festa della fede, perché chi è col Papa è con la Chiesa, è con Cristo. Sarà la festa della riconoscenza verso il Santo Padre gloriosamente regnante che supera i tempestosi rivolgimenti dei nostri giorni, ci addita la via della pace nella giustizia e nella carità. La festa della Pasqua indicherà quindi la vivezza della nostra fede, l’ardore della nostra carità. Fate conoscere il Papa, le sue soprannaturali prerogative e la santità della sua missione tanto superiore a qualunque mira e preoccupazione terrena. Fate pregare per il Papa: un buon figliolo non dimentica mai nelle sue orazioni i suoi genitori, ed il Papa è il Papà e il Padre comune. Le grazie che invochiamo sul capo rifluiranno centuplicate sulle membra (Mons. Boccoleri).

Contiunculae contarellianae18

La zizzania. Distinzione netta: o erba o zizzania, o buoni o cattivi. La grande tragedia della storia e la tragedia di ogni anima. Il scegliere che si impone, il saper scegliere. Il volere il bene, il volerlo sempre. La grande sciocchezza di chi sta incerto, odiosità dell’oscillare. Il non aver paura di essere buoni e di dire sul serio. Chi non è con me ecc19. Questione di fede. Credere vuol dire fidarsi. È forse avventato fidarsi di Dio? 20

18 A bordo del margine sinistro segue data annotata: 12-11-50. 19 Mt 12,30. 20 A questo punto del quaderno sono stati inseriti quattro fogli di appunti scritti a matita, indecifrabili.

QUADERNO 4 - Contiunculae Contarellianae (1942) – SOMMARIO21 6 settembre 1942. Il figlio della vedova di Nain 2 8 settembre 1942. Natività di Maria Santissima 2 13 settembre 1942. Guarigione dell’idropico. Grandezza di Dio 3 Predica delle anime (appunti Arciprete) 5 Epifania 9 Contiunculae Contarellianae 9

21 Inserito in fase di redazione.

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