316 - Senza titolo - Violenza e pornografia con articolo Osservatore Romano

316. Senza titolo1

La pornografia non riguarda solo la coscienza e la sensibilità dei cristiani, ma incide sul comportamento, sui rapporti umani. Ha un grave peso sociale.

Il suo dilagare coincide con il rinascere delle ideologie della violenza politica e con tutte le forme della quotidiana violenza. È il deflagrare di quella istintività irrazionale che considera lecita ogni libidine.

Ci si degrada, ci si avvilisce con il pretesto di liberarsi, di superare le repressioni (che non esistono).

La pornografia, anche quando si mimetizza con l’arte, è sollecitazione degli istinti, uno strumento contro il controllo di sé e della propria ragione.

Cioè contro i grandi valori dell’uomo.

Il consumismo della pornografia è una terribile violenza morale su gli altri soprattutto i più indifesi. La sollecitazione all’erotismo è un irreversibile disprezzo degli altri; possesso e egoismo; sono strumenti.

La pornografia è una droga che ingenera la necessità di stimoli sempre più forti, e fughe senza soste e diventa obbligatorio imboccare la strada della violenza e della tortura.

Lasciare il campo aperto allo sfrenarsi della droga e dell’erotismo ha la stessa responsabilità del lasciare spazio alle altre violenze.

Ogni fuga dalla responsabilità e dal controllo, ogni passo avanti nella nevrosi erotica (un paradiso artificiale) è un passo avanti nella negazione della sacralità e della dignità della persona.

(Qui sotto l’articolo de L’Osservatore Romano)

Domenica 5 Marzo 1978

PORNOGRAFIA E VIOLENZA

Nei giorni scorsi il Cardinale Vicario Poletti ha emanato una “dichiarazione” che, motivata da un ennesimo “squallido spettacolo”, puntualizza i rapporti fra pornografia e violenza. È un problema, questo della pornografia, che non riguarda soltanto la coscienza e la sensibilità dei cristiani, ma, per le incidenze sul comportamento e sui rapporti umani, ha un grave peso sociale. Non si può negare, infatti, che il dilagare della pornografia, attraverso le onnipotenti strutture dei mass media, sia un fenomeno che ha coinciso non soltanto con il rinascere delle ideologie della violenza politica, ma con tutte le altre forme di violenza quotidiana, vale a dire con il deflagrare di quell’irrazionale istintività che è una corsa senza fine sull’identificazione di ogni “libido” con il “licito”. Così da molte ipotesi di “liberazione” e dalla volontà di superare inesistenti “repressioni”, si scade a forme avvilenti e spesso drammatiche di vera degradazione. La superstizione libertaria, come ogni superstizione, crea, in sostanza, ceppi umilianti e pericolosi.

Sull’argomento sono intervenuti , in questi anni, psicologi e moralisti, scrittori e registi, politici e magistrati; ma non bisognerà stancarsi di parlare se si vorrà avere il coraggio di vedere la realtà per correggerne gli aspetti deteriori. La pornografia – anche quando è mimetizzata dai veli pretestuosi della creatività artistica – resta quello che è, vale a dire la sollecitazione degli istinti, uno strumento contro il controllo di sé e della propria ragione che sono – sino a prova contraria – alla base di ogni elementare e universale nozione dell’uomo. Il corrente consumismo di pornografia è, come e peggio di altri consumismi, una “violenza mortale”, e che si passi dalla liceità ipocrita dei pochi a quella di massa non cambia nulla. Se il voyerismo passa dal buco della serratura alla porta spalancata resta un fatto insano: è, non meno di un virus che dai casi sporadici passa ad una presenza endemica. È grave che questo spalancare la porta diventi un vero plagio soprattutto per le coscienze più indifese e recettive, un plagio che ingenera una falsa immagine dell’esistenza. Non diversamente è accaduto con la violenza dei pochi si è comunicata ai molti con la pretesa di legittimarsi. Nella pornografia, nella sollecitazione all’erotismo c’è un irreversibile disprezzo degli altri, perché la regola del possesso e dell’egoismo è dominante così come il marchese De Sade ha sin troppo largamente dimostrato.

In entrambe, violenza e pornografia, l’alta natura dell’uomo è strumentale all’egoismo.

“È certo – ha detto il Cardinale Poletti – che violenze morali, depravazioni del costume, oscenità e sacrileghe parodie sono malefiche radici, che aggiunte alle ingiustizie sociali, degradano la persona umana e aprono la via alla violenza”.

* * *

In termini non del tutto paradossali , proprio questi giorni un noto scrittore inglese, che di pornografia se ne intende, ha sottolineato il parallelismo tra la mistificazione ideologica e la pornografia, oggetti, cioè, di una sovversione radicale e generalizzata. La pornografia è una droga che ingenera la necessità di stimoli sempre più forti e fughe senza soste per la quale – ha detto Burgess – “diventa obbligatorio imboccare la strada della violenza e della tortura”. Anche senza far ricorso alle testimonianze dirette sulle perversioni dell’istinto che possono essere ricavate dall’ampia letteratura del “mondo concentrazionario” dei lager e dei campi di sterminio, senza cioè compiere apocalittici paragoni , dobbiamo però dire che lasciare il campo aperto allo sfrenarsi della droga e dell’erotismo ha la stessa gravità dell’aver lasciato spazio alle altre violenze. Infatti ogni fuga dalla responsabilità e dal controllo, ogni passo avanti verso i “paradisi artificiali” o la nevrosi erotica è un passo verso la negazione della sacralità e della dignità della persona.

I cristiani, per i quali il “sesto comandamento” è un riferimento da iscrivere nella propria misura dell’esistenza, debbono avvertire quanto sia grave il diffondersi di una piaga che lacera più profondamente di quanto non si voglia far credere: non possono e non debbono tacere. Se bisogna capire i segni dei tempi, questo non significa che si debbano indiscriminatamente accettare, per apparire magari “alla moda”. Sarebbe un ben meschino farisaismo. Chi non è cristiano farebbe bene a tener conto che quanto i cristiani ritengono come proprio, nella tradizione o nel presente, nella vita spirituale e nel costume, non è contro ma a vantaggio di tutta la comunità.

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